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  1. EVENTO FRANOSO SAN MARTINO VALLE CAUDINA DICEMBRE 2019

  2. EVENTO FRANOSO CERVINARA DICEMBRE 1999

  3. EVENTO FRANOSO SARNO MAGGIO 1998

  4. TERREMOTO IRPINIA-BASILICATA – 23 NOVEMBRE 1980-2020

  5. GEOLOGIA E METANODOTTI

  6. Scavi in sicurezza: l’importanza dell’analisi geologica del territorio

 

 

 

TERREMOTO IRPINIA-BASILICATA – 23 NOVEMBRE 1980-2020

Il terremoto avvenne la sera del 23 novembre 1980 alle ore 19:34 locali. La scossa principale fu di magnitudo M 6.9 con epicentro tra le province di Avellino, Salerno e Potenza. Colpì una vasta area dell’Appennino meridionale con effetti devastanti soprattutto in Irpinia e nelle zone adiacenti delle province di Salerno e Potenza. L’area dei massimi effetti fu molto estesa comprendendo le alte valli dell’Ofanto e del Sele a nord e le alte valli del Sabato e del Calore a sud, fino alla montagna salernitana e potentina. Danni estesi si verificarono anche in alcune zone della Puglia e in tutta la Campania e la Basilicata. 

MAPPA SCUOTIMENTO

All'evento principale seguirono numerose altre scosse nelle ore e nei giorni successivi, che si protrassero per diversi mesi arrecando ulteriori danni ai territori già colpiti. Nonostante i dati sismici nel 1980 non fossero numerosi, i sismologi riuscirono a ricavare dagli stessi informazioni preziose sul processo di rottura del terremoto. Per la prima volta si riconobbe la complessità del fenomeno sismico: non fu un unico evento a produrre la rottura della crosta terrestre, dalla profondità di 15 km fino alla superficie, ma almeno tre “sub-eventi” che nell'arco di meno di un minuto ruppero in successione tre segmenti di faglia adiacenti. 

Rappresentazione del processo di rottura dei segmenti di faglia che hanno generato il terremoto del

23 novembre 1980 (tratto da Scheda SPECIALE Campania - INGV)

 

Distribuzione degli effetti prodotti dal terremoto del 1980.

L’area di danneggiamento si estende per quasi tutto il territorio campano, in Basilicata e in Puglia (Fonte: DBMI11). I comuni classificati con intensità MCS ≥ 6 sono 422, la maggior parte dei quali (303) in Campania, 55 in Basilicata e i restanti in Puglia e Molise. Sono 6 i comuni con intensità MCS pari a 10, nelle province di Avellino e Salerno e 9 i comuni con intensità MCS pari a 9 in provincia di Avellino.

NUMERI DEL TERREMOTO

  •       2.735 vittime

  •       9.000 feriti 

  •       394.000 senzatetto 

  •       6 paesi completamente devastati

  •       77.342 case distrutte

  •       275.263 gravemente danneggiate 

  •       479.973 lievemente lesionate

  •       57 miliardi di lire complessivamente stanziati dallo Stato per la ricostruzione 

  •        50.000 unità militari impegnate nei soccorsi 

  •        110.000 posti letto in 32.000 roulotte

  •        27.000 posti in scuole o altri edifici pubblici 

  •        10.000 posti letto in 2.018 prefabbricati leggeri e 626 containers 

  •        31.739 senzatetto emigrati

 LA VOCE DEL TERREMOTO

Un uomo di Lioni (AV) stava ascoltando e registrando musica alle 19:34 del 23 novembre 1980 quando la terra ha iniziato a tremare e ha continuato per 90 terribili secondi. E così si è ritrovato a catturare il rombo del sisma che ha devastato Irpinia e Basilicata. La registrazione è stata poi consegnata dal suo autore all’emittente avellinese Radio Alfa 102, che l’ha usata come testimonianza di quel drammatico avvenimento. L’audio, considerato l’unico del sisma del 1980, è diventato famoso con il titolo “La voce del terremoto”

 

IRPINIA - TERREMOTO 1980 - DISCORSO DEL PRESIDENTE PERTINI

L'allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, il 25 novembre, nonostante il parere contrario del presidente del Consiglio Forlani e altri ministri e consiglieri, si recò in elicottero sui luoghi della tragedia. Di ritorno dall'Irpinia, in un discorso in televisione rivolto agli italiani, Pertini denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi, che sarebbero arrivati in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni.

 

 

 

EVENTO FRANOSO CERVINARA DICEMBRE 99

In seguito ad un eccezionale evento piovoso (circa 350 mm/36h) nella notte tra il 15 ed il 16 Dicembre 1999 si verificarono diversi dissesti nel Comune di Cervinara, tra cui alcuni di di rilevante entità.  Nella parte più a monte del paese il Torrente Castello, oramai tracimato, scorreva lungo le strade della frazione, invadendo case e portando via con sé ogni cosa. Il tutto è cominciato intorno alle ore 00:30 del 16 dicembre 1999 e, dopo qualche ora, erano circa le 5:00, in piena emergenza sia idrogeologica che umana, mentre i soccorsi stavano ancora mettendo in salvo gli abitanti di Iofrredo e di Castello rifugiatisi nei piani alti delle proprie abitazioni, in un'altra frazione del paese,  località Renazzo, avveniva la tracimazione del Torrente San Gennaro, in prossimità di due tombature.  La tipologia di dissesto è quella generata dalle colate di fango che si sono sviluppate sui versanti che bordano il Vallone Castello. Lungo i versanti ripidi costituiti da rocce carbonatiche ricoperte diffusamente da sedimenti sciolti (terreno vegetale, suoli sepolti, pomici, detriti calcarei) si è avuta una imbibizione della coltre piroclastica che perdendo coesione è scivolata lungo i versanti.

Tra gli eventi franosi il maggiore per dimensioni e danni causati è quello in località Foresta. Questa colata si verificò sul versante N-E del M.te Cornito, in località Foresta a circa 725- 750 metri di quota in prossimità di un sentiero.

La massa dei detriti (circa 100 mila metri cubi) coinvolta dalla colata rapida “scivolò” per circa 250 metri di quota, e si è incanalò nel torrente sottostante acquistando in questo tratto ulteriore velocità ed investendo i centri abitati di Castello e di Ioffredo.  Lungo lo stesso versante, ma spostati verso sud, si sono innescati altri due fenomeni secondari. Le colate di fango hanno anche in questo caso raggiunto il Torrente e trasportando in alveo del materiale piroclastico e detritico. Questa colata ha provocato la distruzione della frazione Ioffredo e la perdita di cinque vite umane. I danni si sono ebbero a partire dall'inizio dell'area urbana di Cervinara dove l'alveo del torrente era totalmente canalizzato e cementato. L'opera di regimazione forzata aveva inizio in corrispondenza di un ponte e dove il torrente veniva canalizzato in uno scatolare di ridotte dimensioni mentre a monte scorre con una sezione ben più ampia. Inoltre la sezione dello scatolato era stata ulteriormente ridotta dalla messa in opera di varie tubazioni contenenti cavi elettrici e telefonici; come risultato il corso d’acqua riprendeva il suo originale alveo, occupato da strade asfaltate, inondando l'abitato. I problemi riscontrati nel tratto montano del Torrente Castello risulta essenzialmente di natura idraulica e legati alla presenza, di opere totalmente inadeguate contenere l'onda di piena.

 

VALLONE SAN GENNARO: Il Torrente San Gennaro e l'incisione immediatamente ad ovest determinarono problematiche essenzialmente di natura idraulica. Il sistema di briglie realizzate dopo l'evento del 1949 resse bene all'evento, mentre l'acqua esondata all'ingresso dell'abitato per il restringimento della sezione e il tombamento del canale, trovando percorsi alternativi. Anche qui numerosi tronchi d'albero furono trasportati a valle dalla corrente arrestandosi allo sbocco nella valle principale e costituendo un ostacolo al deflusso. Le cause di questo evento sono perciò da ricercare non tanto nell'estrema eccezionalità delle precipitazioni, quanto nella sistemazione idraulica e, più in generale urbanistica, dell'area colpita, senza dimenticare il possibile ruolo degli interventi agro forestali. I canali artificiali che attraversano l'abitato, in parte tombati, si dimostrarono del tutto insufficienti a regolare la forte portata idrica, e a lasciar passare la massa di tronchi d'albero, detriti di varia natura e fango trasportati dall'acqua.

 

 

EVENTI PRECEDENTI: Cervinara anche in passato ha già patito diverse calamità naturali. Nel 1892 si ebbe lo straripamento dei torrenti Conca, San Gennaro e Castello, dei quali erano stati appena completati gli argini. L’inondazione spazzò via case e masserizie e fece due vittime. Così riferisce La Posta, nell'edizione del 7 settembre 1892: «… per dirotta pioggia caduta sui monti… repentinamente ingrossava il torrente Conca che , straripando , allagò alcune sottostanti campagne e la via interna dell’abitato …». Il 2 ottobre 1949 un nuovo straripamento dei torrenti sopra citati, dopo giorni di intensa pioggia, seminò il panico tra i cittadini, e in particolare a Castello, Ioffredo e Ferrari, dove l’acqua sventrò case e cortili, gettando sul lastrico numerose famiglie.

 

Evoluzione negli anni del Versante in Località Foresta

 

EVENTO FRANOSO SAN MARTINO VALLE CAUDINA DICEMBRE 2019

A seguito delle abbondanti piogge dei giorni 19-20-21 Dicembre nel Comune di San Martino V.C. si sono staccate due frane una in località Vallicella ed una di minore entità in Loc Tumbannone; quest'ultima ha coinvolto, distruggendo, parte della carreggiata stradale interrompendone il transito. La frana maggiore, quella di Loc. Vallicella, si è riversata nel Torrente Caudino, il quale in parte scorre sotterraneo, lungo il centro cittadino ed in particolare quello storico.

    

 

 

 

 

Il Torrente ha aumentato il proprio volume e la propria portata inglobando diversi detriti di frana/fango (anche gli arbusti di castagno presenti sul versante). Tutto ciò ha creato l’ostruzione della tombatura (in Prossimità della Casa Comunale) causando il sollevamento della copertura del manto stradale sovrastanti. Il  Torrente rivenuto "a giorno" ha creato diverse “strade alveo” nelle quali si è riversata tutta l'acqua ed il materiale fangoso, travolgendo autovetture parcheggiate, allagando e inondando locali e lasciando dietro di sé ingenti danni e macerie.

 

Le caratteristiche della di Loc. Vallicella sono rappresentate nella figura seguente.

 

E' stato inoltre ricostruito un 3D della frana con l'utilizzo del programma Qgis per l'ubicazione.

   

La Frana in Loc. Tumbannone/Mafariello che ha interessato principalmente una parte della carreggiata strale rendendola impraticabile, ha le seguenti caratteristiche

I due fenomeni possono essere ascrivibili come colata rapida di fango e detritiche - Frana Complessa. Da alcuni sopralluoghi effettuati e dalla consultazione del materiale di bibliografa presente si può affermare tutta l’area dei dissesti ricade in una zona dove i massicci carbonatici sono stati ricoperti da depositi piroclastici da caduta (ceneri e pomici) associabili alle diverse eruzioni vulcaniche del Somma Vesuvio; i quali a causa dell’elevata pioggia caduta in “poco” si imbibiscono e scivolano lungo il versante acclive.

Si riportano di seguito le foto dei dissesti pregressi, sempre in Loc. Vallicella, che hanno interessato il Comune di San Martino V.C. una (foto sx) degli anni 45/50 e l'altra (doto dx) nel Dicembre 1999

 

EVENTO FRANOSO SARNO MAGGIO 1998

La struttura geologica generale dell'area interessata dall'evento catastrofico del 5 maggio 1998 può essere sinteticamente descritta come segue:

  • L'ossatura dei rilievi è costituita dal basamento carbonatico cretacico, rappresentato dalla dorsale M. S. Angelo - Pizzo d'Alvano - Monte Torrenone - Monte Faitaldo; esso comprende alternanze di calcari dolomitici e detritici, stratificati, con livelli marnosi (ad orbitolina) nei livelli più antichi. In successione si incontrano calcari compatti grigi, bianchi, detritici e cristallini.

  • La struttura del massiccio carbonatico si presenta monoclinalica, limitata da faglie dirette anche di notevole rigetto, con strati immergenti prevalentemente verso N - NE. Sulla serie carbonatica si rinvengono i prodotti vulcanici attribuibili al M. Somma ed al Vesuvio costituiti da tufi incoerenti, piroclastiti rimaneggiate e livelli di pomici. Le piroclastiti ed i loro prodotti di alterazione coprono in maniera discontinua il massiccio carbonatico, con spessori anche di vari metri, genericamente crescenti dalle sommità alle zone di valle.

  • Alla base dei versanti è presente un'abbondante coltre detritica sciolta, frammista a materiale vulcanico colluviato, costituita da clasti carbonatici a spigoli vivi, anche di notevoli dimensioni, provenienti dalla disgregazione meccanica del substrato carbonatico.

  • I depositi alluvionali del fiume Sarno e dei suoi affluenti sono rappresentati da piroclastiti rimaneggiate, sabbie, ghiaie e lenti di clasti carbonatici elaborati dalla dinamica fluviale.

  • L'abitato di Sarno sorge su un piastrone di travertino con alternanze di materiale piroclastico, a volte stratificato. Il rilievo carbonatico presenta generalmente elevata acclività su tutti i versanti, è interessato da profondi valloni a "V", subparalleli, che si dipartono dalla linea di cresta. Le vallecole ed i canaloni sono colmi di materiale piroclastico e di detrito carbonatico, e sono interessati direttamente dallo scorrimento delle acque superficiali.

  • La zona pedemontana, di raccordo tra il versante molto acclive e la sottostante piana alluvionale, presenta una pendenza minore ed è costituita da una falda detritica più o meno continua. Nella zona pedemontana l'attività antropica è molto sviluppata, sia come agglomerati urbani, sia come colture agricole; le aree di monte, precedentemente terrazzate e coltivate, sono state in gran parte abbandonate in tempi recenti. Le zone di monte sono coperte generalmente da vegetazione spontanea arbustiva e boschiva di medio fusto; a luoghi tali aree sono state interessate da rimboschimenti, anche recenti.

 Descrizione Evento

Il giorno 5 maggio 1998 e seguenti, a seguito delle precipitazioni descritte nella relazione del Servizio Idrografico Nazionale, nel bacino del F. Sarno e zone limitrofe, si è verificato un elevato numero di fenomeni franosi. La concentrazione maggiore si è verificata lungo i versanti della struttura carbonatica del M. S. Angelo - Pizzo d'Alvano - Monte Torrenone - Monte Faitaldo, interessando gli abitati di Sarno, Episcopio, Siano, Bracigliano e Quindici, nelle province di Salerno e Avellino.

Altri eventi hanno colpito le province di Napoli e Caserta.

I dissesti verificatisi consistono principalmente in colate rapide; esse si sono originate sui ripidi versanti, generalmente nei pressi della linea di cresta ed hanno generalmente seguito le linee di impluvio naturali esistenti (canaloni e vallecole), raggiungendo con elevata velocità ed energia la piana sottostante, investendo direttamente i centri urbani con effetti catastrofici. Le precipitazioni meteoriche hanno trasformato il materiale incoerente presente sui versanti, costituito da piroclastiti sciolte e detrito di falda, in una miscela che si è comportata come un fluido altamente viscoso che si è mosso sulla superficie di contatto tra la copertura e le rocce carbonatiche.  La repentina discesa verso valle del materiale ha inizialmente seguito le linee di scorrimento preferenziale, allargandosi a ventaglio in presenza del brusco cambio di pendenza all'inizio della piana. I primi fenomeni si sono innescati nel tardo pomeriggio del giorno 5 maggio, per poi proseguire durante la notte e nella mattina successiva, raggiungendo un numero complessivo di circa 100 eventi. I depositi piroclastici presentano una bassa coesione e giacciono su versanti molto acclivi. Le forme di erosione lineare presenti (canaloni e vallecole a "V") risultano spesso essere sede dei suddetti depositi di materiale incoerente di notevole spessore e non sono stati sottoposti, come in passato, a manutenzione. Gli stessi canaloni e vallecole nei tratti terminali sono stati spesso modificati dall'intervento antropico, che li ha trasformati in sistemi di viabilità, riducendo o annullando le loro funzioni originali. Tratti di versante sono stati interessati in tempi recenti da incendi che hanno favorito l'erosione accelerata delle aree colpite. Il terrazzamento antropico, le cui tracce si rilevano agevolmente anche sui versanti più acclivi, da tempo è abbandonato e non ha potuto assolvere alle sue funzioni di raccolta e regimazione delle acque meteoriche. I Regi Lagni e gli altri canali artificiali di scolo, carenti di manutenzione anche ordinaria, non hanno potuto espletare le loro funzioni di drenaggio delle acque meteoriche. L'urbanizzazione intensiva e l'errata o inesistente pianificazione territoriale hanno fatto in modo che venissero realizzate abitazioni ed infrastrutture, anche di notevole entità, in luoghi sicuramente non favorevoli dal punto di vista geologico. Nel contesto geologico e ambientale sopra descritto le piogge verificatesi nei giorni precedenti l'evento, pur non eccezionali come intensità e quantità, sono probabilmente la causa principale dell'innesco dei fenomeni franosi.


Eventi pregressi nell'area

L'area in esame è stata in passato oggetto di molteplici fenomeni franosi: tra tutte le segnalazioni provenienti dalla letteratura ed in particolare dal volume XLVII delle Memorie del SGN (V. Catenacci, 1992) e dai dati del Progetto AVI del CNR sono state estratte le seguenti informazioni. A Sarno (SA) notizie relative ad eventi di frana sono disponibili a partire dal 1963: il 21/2/63 è descritta una frana che si distacca dalla zona a monte la cittadina. Le cause sono da individuare nelle piogge abbondanti che hanno provocato l'esondazione del fiume Sarno. Il 9/1/68 un movimento franoso, descritto come "colata di terra a rapida velocità", ha causato una vittima. Le cause vengono ricondotte alle abbondanti piogge. A Bracigliano (SA) sono state raccolte due notizie di eventi a partire dal 1992: il 4/10/1992 numerose frane hanno causato danni alla viabilità. Le cause innescanti sono da attribuire alle intense precipitazioni. Il 27/12/93 una frana ha causato l'interruzione della viabilità. Le cause innescanti sono da attribuire alle intense precipitazioni. Si ricordano poi in particolare: la frana di Palma Campania del 22 febbraio 1986 studiata da Guadagno M. et alii, 1986, che presenta caratteristiche molto simili a quelle degli eventi franosi in studio. Anche in quel caso sono stati interessati dal movimento franoso depositi piroclastici superficiali che, imbibiti dalle acque meteoriche, sono scivolati con modalità di "colata rapida" sul substrato carbonatico. Le cause ipotizzate dagli autori sono riferite alla presenza di sottopressioni in corrispondenza della zona di contatto tra carbonati e piroclastiti. La frana che ha interessato la città di Salerno nei giorni 25 - 26 /10/1954 ha causato 290 morti.La pioggia registrata a Salerno rappresenta uno dei massimi giornalieri mai misurati in Italia durante oltre 50 anni di osservazioni. Il 18 giugno del 1993 vengono  segnalati fenomeni di subsidenza (abbassamento progressivo di una regione) correlati alla captazione delle acque di falda. Venne anche denunciata una situazione di preoccupante instabilità nella zona pedemontana, interessata da discariche abusive, cave, fenomeni di intensa erosione, vaste aree disboscate: tutte queste situazioni furono ritenute tali da poter favorire l'innesco di numerose frane. Nell'abitato di Bracigliano (Sa) a 320 metri di quota nella valle del Sarno, a partire dal 1992 furono raccolte diverse notizie relative ad eventi di frana. Dai dati storici disponibili emerge che l'area è storicamente soggetta a dissesti, alcuni dei quali si sono verificati con tipologie simili a quelli occorsi nel maggio di quest'anno.  Nell'ottobre del 1954 il salernitano fu interessato da un rovinoso evento di piena a causa del quale persero la vita oltre 290 persone (tra morti e dispersi). In precedenza si registrarono oltre cinquecento millimetri di pioggia, il valore più altro da diverse decine di anni. Gli studiosi stanno attualmente, cercando analogie tra la sciagura di Salerno del 1954 e quella di Sarno di qualche settimana fa. Per l'area colpita, infatti, i cataloghi storici non contengono informazioni relative ad eventi di intensità ed estensione paragonabili a quelle verificatesi di recente. La mancanza di fenomenologie franose recenti (e quindi di una memoria diretta di disastri di questo genere) può spiegare l'incuria con la quale è stata diretta l’urbanizzazione alle pendici dei rilievi collinari nei quali si sono innescati gli smottamenti. Numerosi sono stati gli eventi segnalati nel comune di Castellammare di Stabia tra gli anni 1964 e 1997 con caratteristiche analoghe a quelle in studio.  

Caratteristiche dell’evento

L’evento del cinque maggio, che ha interessato in particolare il comune di Sarno, ha preso origine dalla mobilitazione degli strati piroclastici posti su quasi tutti i versanti del monte Alvano, a seguito di particolari eventi di pioggia, cosi caratterizzati:

  • elevate precipitazioni durante il mese precedente all’evento;

  • piogge pressoché ininterrotte durante i giorni del 4 e 5 maggio con un totale di almeno 100 mm di altezza;

  • precipitazioni ininterrotte di intensità media pari a 3 mm/h nel giorno 5 e con punte di intensità di pioggia superiore a 10 mm/h alla fine della serata (rilevazione pluviometrica a valle).

I volumi di materiale detritico, imbibito di acqua, che si sono distaccati dalle pendici in diversi istanti ed in diversi punti del versante, hanno acquistato energia cinetica lungo il loro percorso, andando a travolgere le opere poste al piede del versante. Per ogni distacco il volume in gioco ha assunto un valore medio pari ad alcune centinaia di migliaia di metri cubi ed ogni flusso, alimentato in massa anche per effetto della capacità erosiva della colata, è stato caratterizzato da velocità superiori ai 60 km/h. In alcune sezioni poste in curva, sulle pareti dei canaloni, si possono rilevare dei segni che fanno presumere una velocità di punta della colata di molto superiore. I distacchi, alcuni avvenuti anche in aree fortemente boschive, si presentano a forma triangolare con un vertice in prossimità della corrispondente cima. Queste cime risultano essere il bordo di un piccolo altopiano posto in sommità del versante; tale altopiano è caratterizzato da una depressione dell’ordine di alcune decine di metri. Successivamente al momento dell’innesco delle colate, e stata notata la presenza di grosse quantità di acqua, e per alcuni degli impluvi formatisi, le venute di acqua si sono manifestate anche a distanza di alcuni giorni. Nella zona di Bracigliano sembra essere riemersa una piccola sorgente. Alcune delle colate hanno seguito per gran parte del loro percorso i vecchi canaloni, esondandoli ed attraversando a valle intere aree urbanizzate distruggendole. La forza distruttiva è evidente in foto dove è possibile notare gli ampi spazi vuoti all’interno di zone urbanizzate. In tali spazi erano presenti numerosi edifici, alcuni di quattro piani in calcestruzzo armato, posti lungo l’asse della traiettoria della colata, che sono stati rasi al suolo dopo essere stati sradicati dalle fondazioni. Per gli edifici più laterali al flusso si è avuto lo sventramento dei piani più bassi, inondandoli e lasciando nuda la struttura portante, fortemente danneggiata anche dall’azione erosiva del fango. La zona interessata dal flusso si è distesa per un’area di diverse centinaia di metri di lunghezza dall’inizio della zona urbanizzata.